Come (nell’Arte) tutto ebbe inizio: Lascaux

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Lascaux, La Salle des Taureaux

Perché da una parte bisogna iniziare. E allora meglio partire dall’inizio: Lascaux, (oggi) Francia – Paleolitico superiore, 17000 a.C., annetto più annetto meno: l’Arte da quel momento non potrà più essere esattamente ciò che era. Ecco appunto, ma cosa era, diciassette – e più – mila anni fa, l’Arte?


C’è stato un tempo abbastanza lungo in cui l’uomo proprio non sentiva il bisogno di esprimersi per immagini. Cacciava, procreava e scheggiava qualche sassetto per farne frecce o coltelli: la creazione di utensili, la prima prova eccellente dell’Homo habilis. L’esercizio della conoscenza (della natura, dei materiali, soprattutto di sé stesso). Probabilmente già due milioni di anni fa, l’uomo non è veramente tale se non quando aggiunge al ciottolo che lavora e a cui dà forma asportandone qualche scheggia, la gratuità e il piacere di un utensile ben fatto.
“L’Arte nasce quando si fa sentire la necessità umana di esprimersi”- diceva Giedion. Dunque, è una sorta di necessità magica a dettar legge ad un certo punto.

E non si torna più indietro.

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Lascaux, La salle des Toureaux, panneau de la Licorne

Le grandi grotte europee, nel periodo in cui l’Eurasia geologicamente si apprestava a rinascere dopo l’ultima grande glaciazione, sono l’apogeo della pittura parietale preistorica. Lascaux (bellissimo sito ufficiale qui), Altamira, Niaux, culturalmente inserite nel periodo denominato Magdalenianocon le loro grandi rappresentazioni di animali dell’epoca – bisonti, cervi, cavalli, uri, ma anche orsi, lontre, cerbiatti – con tutte le implicazioni simbolico-mistico-esoteriche dello sciamanesimo di cui certamente sono intrise, ci dicono dell’interesse dell’uomo per il mondo che lo circonda e la sua misteriosa origine. Espresso qui con un ricercatissimo senso estetico. Senso estetico per l’uomo primitivo inteso non come qualcosa di bello da guardare, ma come oggetto da usare, ricco di potenza.


Potenza della figurazione, nella quale sopravvive la superstizione dell’animale in carne e ossa. L’assurda sensazione che ciò che viene fatto al ritratto viene fatto all’essere rappresentato: se questa bizzarra e irrazionale impressione sopravvive fino a noi, è molto meno sorprendente che essa sia esistita quasi ovunque tra i cosiddetti popoli primitivi. In questo sta la magia delle raffigurazioni.

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Lascaux, Le Grand Taureau noir

Organizzazione scenica di pittura e scultura insieme producono capolavori animalistici dovuti al talento di veri e propri maestri.

Per intederci subito: l’aspetto mistico/esoterico a me è quello che sempre ha interessato di meno in queste opere, perché per come la vedo io i moventi misteriosi dell’arte sono gli stessi ancora oggi. La tecnica, l’esecuzione, l’effetto immediato che producono nell’osservatore è quello che mi ha sempre affascinato. E allora: ricchezza e abbondanza di dettagli o semplificazione e purezza di linee, trattamento di pareti d’argilla o di rocce dure, tecniche d’incisione, prospettiva e giochi di luce, organizzazione scenica di pittura e scultura insieme producono capolavori animalistici dovuti al talento di veri e propri maestri, indubbiamente sconosciuti, ma simili a quelli che anche la storia qualche volta ci tramanda, come i maestri anonimi del trecento. La preistoria non ci ha lasciato che artisti anonimi, che non sono però meno ricchi di genio e individualità.

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Lascaux, Les Bisons adossés

La grotta di Lascaux fu scoperta nel 1940 da quattro ragazzi che giocavano con il loro cagnetto, un chien bâtard nommé Robot, un setter che si intrufolò in un pertugio nel terreno di una Dordogna già famosa presso gli antropologi per possedere numerose vestigia delle civiltà umane preistoriche (Font de Gaume e Combarelles, Rouffignac; lo stesso uomo di Cro-Magnon prende il nome da un riparo sottoroccia in quella zona).

Lascaux, per il suo valore può essere considerata la nascita dell’Arte.

Cronologicamente datate appena prima della grotta di Altamira – la prima in assoluto che fu scoperta, nel 1879 – le pitture di Lascaux furono da subito riconosciute per il loro splendore: la grotta è a tutti gli effetti l’apogeo dell’arte proto-magdaleniana (difatti le datazioni la collocano a cavallo tra le due fioriture perigordiano/magdaleniano), e volendo forzare di più il concetto, per il suo valore può essere considerata la nascita dell’Arte. I grandi tori, gli uri di oltre 5 metri, e poi cavalli imbizzarriti, cervi che attraversano guadi e molti altri, figurano fra i capolavori dell’arte naturalistica di tutti i tempi. Le tecniche esecutive, dalla punteggiatura alla pittura soffiata al tampone; i pigmenti ocra e neri sapientemente dosati; le corna in prospettiva, le proporzioni monumentali degli uri, sono tocchi raffinati propri di colui che dobbiamo veramente chiamare “il grande Maestro di Lascaux”.

Frise des Cerfs nageant

Lascaux, Les cerfs nageant

Nel Paleolitico superiore si raggiungono vette espressive che nel Neolitico non si raggiungeranno più. L’uomo della pietra nuova si “accasa”, si stanzia e si mette a coltivare la terra e allevare bestiame, non bazzicando più grotte ma solo ripari, sulle pareti dei quali continua la sua ricerca comunicativa con altro linguaggio. Più concettuale, forse più intellettuale, ma abbandonando completamente quel senso drammatico che caratterizza l’intera, imponente produzione paleolitica.

(Ho scelto questo come primo argomento perché la pittura rupestre rappresenta la prima fonte di ispirazione per la mia pittura. Se vi capitasse di entrare in una di queste grotte, o anche solo di guardare le immagini a video, mettete le cuffie e ascoltate questo).

Raffaele Boni 2015